Scienze

In laboratorio…

 

Cliccando su questo link è possibile visualizzare il pdf creato da Patrizia dal nome “Science: a nice journey into the human body”. Mentre, cliccando qui è possibile visualizzare, al link YouTube, la lezione di Patrizia “Ecologia ed ambiente”.

 

LA CROMATOGRAFIA
E’ uno dei metodi più validi di cui il chimico dispone per la separazione e la purificazione delle sostanze.
Se ne conoscono oggi molte varietà tecniche fra cui le principali sono: cromatografia di adsorbimento e di ripartizione su colonna, su carta su strato sottile (thin-layer chromatography, T.L.C.), cromatografia liquida ad alta pressione ( H.P.L.C.), cromatografia su resine a scambio ionico, cromatografia in fase gassosa (cromatografia gas-liquido, G.L.C.); ci sono inoltre metodi che abbinano metodi elettroforetici a processi cromatografici, ed allora abbiamo l’elettrocromatografia (elettroforesi= tecnica di separazione di ioni a mezzo di corrente elettrica).

L’esperienza che originò questo metodo fu compiuta dal ricercatore Tswett (1903), a cui si fa risalire la scoperta del processo. Tswett, avendo estratto, con solventi organici, i pigmenti che si trovano nelle foglie delle piante verdi, si trovò di fronte al problema di separarli. A tal fine fece adsorbire l’estratto di colore verde intenso alla sommità di una colonna di vetro, riempita di carbonato di calcio CaCO3 finemente suddiviso (sostanza bianca); facendo filtrare poi, attraverso la colonna, solvente puro, ottenne la separazione dei pigmenti dentro la colonna cromatografica, come dimostrato dal fatto che, nella colonna, erano perfettamente visibili quattro zone distinte, colorate in modo diverso.

La prima zona o banda, era di colore verde oliva, e corrispondeva alla clorofilla b, la seconda, di colore verde-azzurro, alla clorofilla a; la terza, gialla, alla xantofilla, ed infine la quarta, arancione, il carotene.

Il metodo fu detto cromatografico proprio perché le sostanze separate erano colorate. Cromatogramma fu detta la colonna dopo lo “sviluppo” con il solvente. Il nome cromatografia è rimasto ed indica oggi tutti i procedimenti cromatografici, anche quelli che riguardano sostanze incolori, evidenziate poi con vari metodi: trasformazione in derivati colorati, osservazione con luce U.V., cromatografia su strato fluorescente

CROMATOGRAMMA DELLA CLOROFILLA

Scopo dell’esperimento:

Vogliamo utilizzare la tecnica della cromatografia per “analizzare” la clorofilla.

Materiale occorrente:

Inchiostro, un contenitore di vetro alto, carta assorbente o da filtro o lastra cromatografica, un pennellino, pellicola trasparente, foglie o erba, petali di fiore, alcool, vasetto di vetro munito di tappo, un pentolino, un fornello.

1^ FASE PROPEDEUTICA PROCEDIMENTO

Versiamo un po’ di acqua in un contenitore alto. Ritagliamo una striscia di carta assorbente della stessa altezza del contenitore. Tracciamo con il pennellino intriso di inchiostro una linea orizzontale a circa 1 cm dall’estremità inferiore della carta. Infiliamo la carta nel contenitore in modo che peschi nell’acqua, ripieghiamo la carta sul bordo del contenitore in modo che non scivoli e sigilliamo l’apertura con la pellicola per evitare l’evaporazione.

Lasciare riposare per 30 minuti e poi togliere la carta dal recipiente e farla asciugare. La striscia colorata si chiama CROMATOGRAMMA.

La carta assorbente assorbe l’H2O per capillarità: la carta è fatta da tanti granelli che lasciano, fra l’uno e l’altro degli spazi vuoti simili a piccoli canali, lungo i quali l’H2O può salire aderendo alle pareti con le forze di coesione. Il fenomeno si chiama capillarità perché avviene nei tubicini sottili come un capello, chiamati appunto CAPILLARI.

Il solvente, in questo caso l’H2O, sale per capillarità e trascina con sé in soluzione le sostanze che compongono l’inchiostro; la velocità di salita dipende dal tipo di sostanza e così si otterranno bande di colore diverso. Il cromatogramma è quindi caratteristico per ogni sostanza.

2^ FASE PROCEDIMENTO

Eseguiamo la cromatografia della clorofilla. Prepariamo un estratto alcolico di clorofilla, mettendo in poco alcool purificato un p0′ di erba e foglie passate al mortaio, scaldiamo a bagnomaria per 10’. L’alcool solubilizza la clorofilla ed anche le altre sostanze coloranti, eventualmente presenti, come la xantofilla, il carotene etc. E’ consigliabile eseguire il cromatogramma a goccia. Ritaglieremo pertanto un cerchio di carta assorbente di circa 10 cm di diametro e facciamo sgocciolare al centro qualche goccia di estratto alcolico di clorofilla. Lasciamo asciugare e poi facciamo cadere, sempre al centro due gocce di alcool.

Lasciamo asciugare e continuiamo come sopra per circa 20 minuti.

 

A questo link è possibile consultare il pdf della lezione.
Cliccando su questo link è, inoltre, possibile visualizzare il fumetto dedicato alla fotosintesi clorofilliana.
Qui è disponibile il video di spiegazione riguardo la fotosintesi clorofilliana.

 

Cliccando qui è possibile consultare la lezione di Patrizia riguardo “La migrazione dell’elettrone”; a questo link, invece, è disponibile la lezione sulle caratteristiche delle onde elettromagnetiche “Piccolo e grande raggio di luce”.